Fu illuminato nelle sue volontà: nessun rimborso ai gestori della Fondazione, borse di studio e aiuti per evitare la dispersione scolastica
Pagate levatrice e farmacia, e lo studio, salute dell’anima
Le 31 disposizioni di Gian Giacomo Galletti per la “sua” Bognanco: pensava al futuro dei suoi concittadini
- Erano le nove del mattino del quattro ottobre 1861, quando Gian Giacomo Galletti si presentò davanti al notaio Lorenzo Dallosta di Torino, per sottoscrivere l’atto di Donazione a favore di «Bognancodentro, parrocchia di San Lorenzo, nel Circondario dell’Ossola». Un documento particolareggiato, che partiva con una «rendita annua di lire dodicimila cinquecento italiane che provveda ad una assistenza medico-chirurgica nel Comune e fornisca quella popolazione degli opportuni mezzi d’istruzione». Galletti resta titolare della rendita fino al suo decesso ma scrive: «Giunto ormai all’età di settant’uno anni, breve sarà naturalmente il mio soggiorno quaggiù ed il Comune di Bognancodentro potrà andar presto al godimento effettivo ed impiegare tosto dopo la mia morte la rendita suddetta». In più Galletti decide anche di riservarsi «pure la facoltà di creare le istituzioni da fondarsi». Decide poi una rendita annua «duemila novecento cinquanta lire italiane» applicata «all’ordinamento sanitario » ed un’altra di ottomila ottocento, «impiegata all’istruzione ». La rimanente somma di settecento cinquanta, costituirà il fondo di una Cassa Particolare, con cui provvedere alle eventualità di cui parleremmo più avanti. Galletti lasciò la rendita ai bognanchesi con il vincolo che «ad assicurare il perfetto adempimento della mia volontà sarà costituita una Amministrazione ed intendo che questa debba prestare l’opera sua gratuitamente…»: niente stipendi e rimborsi insomma per chi doveva gestire le somme. Galletti pensò anche alle incombenze sanitarie: «Una levatrice approvata verrà pure assunta per tutte le partorienti delle varie frazioni del comune» e cinquecento lire «sarà assegnato a quel farmacista che stabilirà una farmacia in Cavuccio fuori.
Non trovandosi chi voglia aprire una farmacia, sarà prelevata la somma annua necessaria a mantenere un pedone, il quale una o due volte al giorno, si rechi a Domodossola per la provvista de’ medicinali occorrenti». Prima la salute e poi, senza dubbio, l’istruzione, che Galletti definisce «salute dell’anima» e «quindi mi è grato promuovere i mezzi di studio a beneficio dei miei compaesani».
L’obbiettivo? «L’insegnamento elementare inferiore, maschile e femminile e l’insegnamento elementare superiore maschile; l’istruzione tecnica del primo e secondo grado e finalmente un corso complementare di studi tecnici presso Istituti di Torino o Milano o presso la scuola di Parigi». Ma non solo: «In Cavuccio - stabilisce Galletti - sarà aperta una scuola elementare inferiore per i ragazzi anche delle frazioni più prossime ». E poi «a Pizzanco (con diritto di intervento ai ragazzi di Picciola), San Martino, La Cresta, Colorio e frazioni vicine». Altre elementari inferiori gratuite per le ragazze «verranno stabilite presso le quattro frazioni del comune: Pizzanco, Mulera, Bacinasco e Possetto avendo cura che ciascuna di queste scuole riceva le ragazze anche delle altre frazioni del comune» e una «scuola elementare maschile superiore sarà fondata a Cavuccio fuori» per «i ragazzi delle varie frazioni di Bognancodentro, che avessero compito il corso elementare inferiore».
Ovviamente la scuola sarà gratuita e «sarà provveduto all’acquisto di libri, carta, penne, inchiostro e calamai necessari per le scuole» e «sarà distribuito ogni giorno di scuola ed all’ora della ricreazione, due chilogrammi di pane di segala, da ripartirsi fra gli otto allievi appartenenti alle famiglie più bisognose del comune».
Galletti, avanti di cent’anni, pensa anche alla dispersione scolastica: «I padri hanno l’obbligo di far studiare i propri figli e coloro che, avendo comodo di adempiere a quest’obbligo, si astenessero dal mandarvi i figli, saranno indicati all’autorità politica» e «nessun maestro potrà assentarsi dalla loro residenza durante l’anno scolastico, qual pure sia il numero degli allievi o allieve, che frequentano le scuole, scarsissimo, come ognun sa, soprattutto in estate grazie ai lavori delle campagne ed ai pascoli sulle alpi». Non solo, ma il benefattore vuole in qualche modo lasciare un’impronta laica all’insegnamento: «In nessun caso mai siano scelti a maestri il Cappellano del Comune o altro prete qualsiasi, perché è bene che il clero attenda al suo santo ministero senza venir distratto da cure profane». Galletti prevede poi le prime borse di studio, «un assegno straordinario di lire italiane dieci per ciascuna scuola»per i parenti «di quell’allievo o allieva, che con più assiduità avesse frequentata la rispettiva scuola» e decide che «fra i migliori allievi saranno designati a seguitare i corsi tecnici di primo e secondo grado a Torino, o a Genova o a Milano. Di mano in mano che i tre allievi avessero compiuti i loro corsi tecnici, verranno surrogati da altri».
La cultura era garantita anche da «seicento lire per la fondazione di una biblioteca». Il lavoro per tutti però era in cima ai suoi pensieri: «Incoraggiare l’importanza di una industria nel paese può riuscire di grandissimo vantaggio» scrive Galletti, che pensa ad una “fabbricazione” in linea con l’epoca, «che meglio si presta alle circostanze del comune»: quella dei “merletti”. Galletti prevede dunque la presenza di una maestra «per dare un corso di lezioni quotidiane su quest’industria». Come 31esima disposizione Galletti scrive: «Nel caso che il tentativo fallisse, la Commissione amministrativa avviserà di qualche altro ramo di industria appropriato, curando sempre l’interesse popolare, giacché per niun conto io permetterei che il mio denaro servisse ad alimentare industrie forzate od improduttive».