Cosa resta degli interventi voluti dall’ossolano che più donò alla sua terra Le avverse sorti del lascito del benefattore
La Fondazione Galletti venne chiusa nel 1983 a 110 anni dalla morte.
Prima ancora di destinare ai comuni di Bognancodentro e Domodossola le rendite annue previste nelle Tavole di Fondazione, Galletti, aveva donato soldi per la guerra d’indipendenza, fondato a Torino il collegio per le figlie dei militari e a Parigi promosso la società di beneficenza in aiuto agli emigrati italiani. Ma non solo: finanziò la realizzazione a Domodossola di un asilo infantile, il miglioramento dell’ospedale, le scuole della Società Operaia e contribuì per circa la metà del costo della strada Domo – Prestino (oggi Bognanco Fonti) e molto altro.
Galletti dimostrò lungimirante apertura mentale, puntando all’unità dell’Ossola («in tutte le parti in cui adopero la parola Ossola - scriveva - intendo sempre l’Ossola superiore. Però acconsento con piacere, che i vantaggi portati dalla mia donazione vadano anche all’Ossola inferiore quando questa entri a far parte della superiore). In più le sue scuole avrebbero dovuto essere gratuite per gli stranieri e «ammesse al godimento dei vantaggi morali ed economici» erano «indistintamente le persone delle varie credenze religiose». Gli unici esclusi: «le famiglie che trascurassero l’istruzione della prole», sottolineando che «mai un ramo qualsiasi della mia istituzione sia affidato al clero secolare e regolare». Il comune di Domodossola, nel novembre del 1865, lo nominò cittadino onorario e nel febbraio del 1869, seppur domiciliato a Parigi, venne eletto Deputato al Parlamento Italiano, nel collegio di Domodossola. Negli anni sessanta, prima venne eletto “Cavaliere” poi “Ufficiale” ed infine “Commendatore della Corona”. A questa nomina, il Ministro Cesare Correnti, lo elogiava esprimendogli una lettera di felicitazioni, dove fra le altre cose riportava: «Non ricordo altri che ai nostri tempi abbia mostrato animo così liberale e amoroso verso il proprio paese; epperciò Ella merita che il suo nome sia onorato dai presenti e duri perennemente nella memoria di tutti i buoni». Domodossola gli dedicò una via; una delle principali, ovvero la strada per Milano allora detta dei Roani e poi un monumento, collocato, dopo molte discussioni, proprio davanti al municipio ed inaugurato il 17 settembre 1899. Per concludere quindi, possiamo dire che Galletti mise a disposizione per Bognanco, Domodossola e l’Ossola intera, un mucchio di soldi, ma le cose non andarono a finire proprio come stabilì nelle sue “tavole”.
I dieci periodi di quattordici anni a partire dalla sua morte (1873), avrebbero dovuto portare benefici continui fino ai giorni nostri e oltre, ma Gian Giacomo non poté immaginare che ci sarebbero state in mezzo due guerre mondiali ed una tremenda svalutazione della lira. Così prosciugati i soldi, non trovando più una ragione per continuare e nemmeno uno stimolo, visto che il Galletti aveva prescritto nelle sue tavole della Fondazione che l’opera di tutti i membri della Commissione doveva essere prestata gratuitamente, nel dicembre del 1983, il consiglio della Fondazione, sciolse l’ente.
Chissà come ci resterebbe ora il Galletti se tornasse indietro.
Vedrebbe il “suo” monumento, splendidamente rimesso a nuovo grazie al Lions club domesi, il “suo” Teatro, la “sua” via, un “suo” edificio di Bognanco, utilizzato per scopi sociali e, per tutto questo, ne sarebbe indubbiamente felice.
Poi ahimè scoprirebbe, i “suoi” musei domesi divenuti civici; la “sua” biblioteca col nome di Gianfranco Contini (seppur illustre e degno); vedrebbe le “sue” scuole domesi chiamarsi Marconi; i “suoi” capitali evaporati; le “sue” scuole di Bognanco chiuse da tempo e vendute a poco prezzo come case vacanza ai villeggianti; la “sua” casa nativa di Colorio, malconcia e abbandonata e per finire… la “sua” Fondazione miseramente estinta.
Cose che forse lo renderebbero meno felice. Ma questo è.
Giancarlo Castellano, collaboratore di ECO RISVEGLIO