BOGNANCO
La settimana scorsa si è parlato dei rii e torrenti della val d’Ossola a rischio e che fanno paura. E le strade? Come sono le strade delle vallate ossolane? Mi sembra che, Statali, Provinciali o comunali che siano, fanno comunque anche loro, tutte quante, un po’ paura e la strada della valle Bognanco non fa eccezioni.
In proposito abbiamo incontrato la signora Emma Pianzola vedova Tonossi che ha vissuto in valle, in località Possetto per anni, sopportando tragedie familiari immani, proprio a causa della strada provinciale bognanchese.
Emma ha ancora negli occhi la tristezza e la disperazione delle tante tragedie vissute e fra queste: sicuramente due, tremende, che a fatica e su mia richiesta, cerca di raccontare…
«…La prima (sospiro) è successa nel 1964… Era l’ultima domenica di gennaio ed un lungo corteo di macchine, saliva la valle per accompagnare al cimitero di San Lorenzo Severina Tonossi di Pizzanco. Anche noi, seppure abitavamo al Possetto e quindi già nella parte alta della valle, eravamo andati fin giù all’ospedale di Domodossola per dare l’ultimo saluto alla cara anziana zia e poi, seguendo il carro funebre, come una lunga lacrima, risalivamo con le macchine la valle e dietro a tutti noi anche un pulman che a quei tempi veniva messo sempre a disposizione in occasione di funerali.
Mio marito Oreste, che aveva 42 anni, guidava… ricordo che avevamo una giardinetta… ed io, al secondo mese di gravidanza di mia figlia Alma, stavo seduta sul sedile di fianco. Dietro a mio marito era seduto nostro figlio Franco di sedici anni. Mario, l’altro figlio maschio, quattordicenne, aveva trovato posto invece su un'altra vettura perché mio marito, a seguito di un brutto sogno fatto la sera prima, non voleva che i nostri figli salissero in macchina insieme a noi due. Mario accettò di buon grado di andare con gli zii, ma Franco, più grande, non ne volle sapere ed insistette per venire con noi.
Alle Piodate, fra i due abitati di Pianezza e Messasca, mentre il corteo procedeva normalmente in salita, delle grosse lastre di pietra marcia, piombarono davanti alla macchina ed una scarica di sassi ci piovve addosso. La nostra auto si bloccò di colpo ed il carro funebre che ci precedeva, stranamente, non si accorse di nulla e proseguì fino a San Lorenzo. Ricordo ancora il rumore dei sassi che cadevano sopra e dentro alla macchina e sentivo mio figlio Franco gridare: “Mamma!…dalla testa di papà esce sangue…” Mio marito era rigido al posto di guida, con le mani strette al volante, guardava fisso davanti e non si muoveva. Noi eravamo bloccati dentro l’auto perché le portiere non si aprivano a causa dei tanti sassi che avevano quasi sommerso la macchina. Quando la scarica delle pietre cessò, venne ad aiutarci Mario Poletta che, dietro di noi con la propria auto, faceva parte del corteo. Cercò di aprirci le porte, prima liberando il materiale e poi tirando con forza la maniglia, mentre Franco, da dentro, con i piedi cercava di spingere verso l’esterno la portiera. Mio marito non rispondeva ai nostri richiami e si dovette ripiegare, con forza, indietro tutte le dita delle sue mani per riuscire a staccarle dal volante. Mario Poletta , caricò di peso Oreste sulla propria auto e lo portò in ospedale. Il corteo si separò ed il funerale della zia, dopo che la strada venne sgomberata, fu celebrato nella chiesa di San Lorenzo con giustificato ritardo, ma l’argomento, non era più la povera zia deceduta. Tutti parlavano dell’incidente a mio marito che subì un delicato intervento chirurgico alla testa dove gli asportarono schegge di sassi e ossa. Dopo una lunga degenza ospedaliera Oreste ricominciò a vivere ed a lavorare presso lo stabilimento delle acque minerali, ma niente fu più come prima…. e, dopo 12 anni, morì».
Guardo il volto esausto e triste di Emma e con un filo di voce le sussurro: “ la seconda tragedia la conosco, perché l’ho vissuta personalmente e non voglio darle altro dolore chiedendole di raccontarla”. Diciamo solo per i lettori, che una sera di ottobre del 1979, esattamente 35 anni fa, suo figlio Mario, appena ventinovenne, venne sepolto ed ucciso da uno smottamento di terra causato dalle abbondanti piogge di quel periodo.
Una frana, neanche immensa, alimentata dall’acqua che dalla carreggiata della strada si riversava nel terreno dietro casa, sparò come un proiettile, sulla sua famiglia, ancora fango e… morte.
Alle Piodate, costruirono un nuovo viadotto ed al Possetto realizzarono alcuni interventi per far si che l’acqua in scorrimento sulla carreggiata, anziché riversarsi sui fondi privati, venisse raccolta e convogliata nei corsi d’acqua esistenti.
Emma però, con la figlia Alma, non ne volle sapere di questa “apparente” sicurezza e se ne andò ad abitare giù al piano.
Giancarlo Castellano, collaboratore di ECO RISVEGLIO