Era quasi finito l’inverno ed erano tempi che si faceva legna nel bosco. A lavorare in tanti e le giornate erano sempre quelle; faticose ed a volte anche noiose. Ogni tanto qualche scherzo ci stava. Specialmente se era tempo di carnevale. Serviva a tirar su il morale e si badava soprattutto all’allegria e all’ingenuità di qualcuno. Quasi mai erano scherzi di cattivo gusto; come questo per esempio:
“Due esperti ed allegri boscaioli di Domo, stavano sezionando sopra al Torno (la prima frazione entrando in valle), un grosso albero che avevano appena abbattuto. Era un sabato mattina e i due, finito la sezionatura, dissero al Giuvanin, loro aiutante che abitava a Camparione:« Porta par piasè stu truncun chi giù dal Sciola a Dom che i glan bisogn par smezzà la Quaresma. Dig che a pasum nui a piàl, lunasdì matin a bun’ura…» ( porta per piacere questo truncun – un vecchio attrezzo da lavoro costituito da una grossa e lunga lama dentata in metallo, con alle estremità due manici in legno che serviva per tagliare tronchi di grosse dimensioni - giù dal Sciolla a Domo che l’hanno bisogno per dividere in due la Quaresima. Digli che passiamo noi a prenderlo, lunedì mattina presto). Il poveretto si carica sulle spalle questo arnese da lavoro che, bisogna ricordarlo, oltre che scomodo è difficilissimo da portare senza dovuti accorgimenti perché la lama è molto armonica e, ad ogni passo flette paurosamente. A trasportarlo, ci si può far davvero male. Dopo i primi passi, Giuvanin scopre che camminare così è un inferno! Si ferma e prova a legare insieme alla lama delle frasche… l’idea funziona! La lama rimane rigida e, seppur non facile, sulle spalle risulta meno scomodo e, più importante, più sicuro. Quando, dopo una faticaccia, arriva finalmente a Domo, il Giuvanin che aveva intuito di aver subito uno scherzo, dai due buontemponi, si presenta da Sciolla (Ristorante) e dice al ristoratore: «Mi hanno detto i due boscaioli che lavorano al Torno e che voi conoscete bene, di venire qui a pranzare e di lasciarvi questo truncun…. passeranno poi loro lunedì mattina a riprenderselo. Mi hanno detto di mangiare di tutto e di più e che poi pagheranno loro …».
«Sì, sì, va bene – disse il ristoratore – si accomodi pure al tavolo che adesso la serviamo…».
Il Giuvanin, visto che era mezzogiorno, si sedette ad un tavolo libero all’angolo in modo di avere un ampia visuale sulla bella sala che chiassosamente si stava riempiendo di clienti e ordinò un pranzo di quelli coi fiocchi… antipasti caldi e freddi, lasagne ed un piattino di risotto con i funghi, per secondo, bolliti misti ed un bel piatto di trippa in umido, formaggi, con anche un bel pezzo di parmigiano, contorni, frutta, dolce, acqua (poca), vino (in abbondanza), caffè, digestivo e grappino finale. Anzi, due grappini.
Il lunedì, i due boscaioli andarono da Sciolla, sghignazzando divertiti e convinti di aver fatto un bello scherzetto al povero Giuvanin, loro aiutante, ma il ristoratore, dopo averli salutati, smorzò subito le loro facce grasse e sorridenti, porgendogli il conto del ricco pranzo che aveva ordinato il ragazzo di Camparione… I due rimasero allibiti!! « Ma… Noi… Ma come? Chi ha mangiato?... ul Giuvanin? Ma non è possibile… non gli avevamo detto di venire qui a mangiare…. Oh bella! Ma che lifroc!... cul damoni…».
«Poche storie – ribatté il ristoratore- se non pagate mi tengo il troncone e poi vedremo…».
I due boscaioli rimasero a bocca aperta e non restò loro altro da fare che pagare il conto. Si presero il troncone sulle spalle e se ne andarono mogi mogi.
Giancarlo Castellano, collaboratore di ECO RISVEGLIO
(il nome Giuvanin è inventato e si è omesso di riportare i nomi dei due boscaioli, ma la storia è vera.)