Di certo il pittore che dipinse nel diciassettesimo secolo e per la prima volta, l’interno della cappella, eretta sul sentiero che dal Torno sale a Bei, non sapeva che nel 2015 saremmo stati qui a parlarne incuriositi. Per lui le cose saranno state sicuramente semplici e chiare. Ricevuto l’incarico di dipingere la cappelletta, prese la sua cassetta dei colori e pennelli e, recatosi sul posto, si mise a dipingere, sicuro che, chi lo incaricò, lo avrebbe poi anche pagato. Non di certo la Parrocchia, non il comune e neppure la Curia che oggi si presenta come ente firmatario della domanda per il restauro… con i soldi degli altri. Benefattori e cristiani ovviamente. Migliaia e migliaia di euro per i lavori di restauro conservativo e tanta burocrazia per ottenere il Permesso a sistemare una semplice cappella fatta costruire molto tempo fa da poveri alpigiani, emigrati all’estero alla ricerca di una vita migliore. Da Bognanco, in questi ultimi secoli, sono partiti in molti a piedi per raggiungere una vita diversa. In Francia, a Lione, ad esempio, per fare gli stagnai. In principio solo d’inverno e poi per tutto l’anno. Il viaggio Bognanco-Lione (circa 450 km) durava un paio di settimane e calcolavano di arrivare di sabato sera al Passo del Piccolo San Bernardo per farsi ospitare dai monaci con il pretesto di voler assistere alla messa della domenica.
Nel 1868, Antonio Laurini e Gaudenzio Armetta, bognanchesi ed anche loro emigrati in Francia, diedero il denaro per riportare la cappelletta al suo antico splendore e quale ringraziamento per aver effettuato indenni numerosi viaggi a piedi da Bognanco a Lione e viceversa, fecero dipingere una immagine della Madonna di Fourvière.
Perché la Madonna di Fourvière? Semplice. Perché a Lione, sul colle appunto di Fourvière, c’è una basilica dedicata a Maria.
I due fecero aggiungere ai lati della Madonna anche i loro Santi patroni: Sant’Antonio da Padova a sinistra e San Gaudenzio, vescovo di Novara a destra . Nel 1948, la cappelletta, fu ancora oggetto di restauro a cura di una certa Caterina Motto che rimase vedova di Lorenzo Laurini, nato a Bognanco nel 1883 e appena quattordicenne anche lui partì a piedi per Lione. Caterina e Lorenzo ebbero due figli : Dominique e Joseph. Quest’ultimo, si sposò con una piemontese ed insieme ebbero tre figli. Joseph, accompagnò il figlio maggiore Robert , appena dodicenne, davanti a questa cappella, raccontandogli tutta la storia.
Siamo arrivati ai giorni nostri e Robert Laurini (sessantotto anni), figlio di Joseph, nipote di Caterina e Lorenzo, nonché discendente di quel Antonio Laurini, durante il suo ultimo viaggio a Bognanco – non a piedi ovviamente - ritorna davanti alla cappella, oggi conosciuta anche come “la capela dla strecia” la vede malconcia e attacca un messaggio alla cancellata chiedendo aiuto per il suo restauro. Arriva così al sindaco di Bognanco (Giuseppe Maccagno) ed al parroco di Domodossola (don Vincenzo Barone) con il quale fa partire – dice lui “finalmente” - la pratica per rimetterla in ordine.
Ovviamente Robert ha già portato davanti a questa cappella, sperduta nei boschi bognanchesi, i suoi figli ed anche i suoi nipoti, affinché possano continuare questa storia dei Laurini di Bognanco. L’ultimo, Luigi, morto nella guerra in Cirenaica, lo si legge sul monumento ai caduti nella piazza di San Marco.
Giancarlo Castellano, collaboratore di ECO RISVEGLIO