Armetta, Baiettini, Bragoni, Casetti, Castellano, Croppi, Giovangrandi, Lauretta, Mosoni, Pellanda, Tioni, Zoppetti, sono solo alcuni dei cognomi di Bognanco, Monteossolano e Cisore che si possono sentire ancora oggi a Lione in Francia. Fu, molto probabilmente, nel 1600 l’inizio di questa migrazione. Molti fuggirono dalla peste che falciava la popolazione delle vallate ossolane e molti son partiti anche solo per cercare fortuna. Qualcuno la trovò; altri un po’ meno.
Di sicuro Giuseppe Mosoni nato a Bognanco nel 1829, fu tra i più fortunati, perché creò un impero a Lione con la sua ditta di quasi cento operai. Erano stagnai e lattonieri ed erano capaci di riparare tutti gli oggetti in metallo ed anche parti metalliche delle lampade a olio. Dopo la scoperta dell’acqua minerale, nel 1863, ci fu un rallentamento del flusso migratorio bognanchese, ma chi si era fatto una posizione in Francia, continuava a chiamare a sé parenti e amici, assicurando loro lavoro e benessere. Solo l’avvento della plastica, fermò questa emorragia di gioventù ossolana verso la Francia. La plastica, cambiò completamente le pratiche quotidiane di tutti perché dai contenitori in metallo, si passò a quelli in moplen e gli stagnai divennero prima solo lattonieri e poi tubisti, idraulici, ecc…
Dalla valle Bognanco, inizialmente partivano in gruppi nel tardo autunno, finito i lavori in campagna. Attraversavano tutta la pianura del Piemonte ed entravano in Francia da Chambery per poi proseguire verso Lyon. Due settimane durava il percorso a piedi. Passato l’inverno, sullo stesso itinerario, molti ritornavano a casa con un bel gruzzoletto di soldi in tasca e passavano l’estate a lavorare la misera campagna del paese. A fine autunno di nuovo a piedi fino a Lione per passare l’inverno a fare gli stagnai. Furono molti quelli che decisero di rimanere in Francia, abbandonando così, per sempre e con dolore, la terra nativa.
Jean Luc de Ochandiano, autore del libro “Lyon à l’italienne”, dove abbiamo preso le immagini, scrive che all’inizio del novecento gli stagnai piemontesi costituivano il 7-10% degli italiani emigrati a Lione e nel 1901, il Consolato d’Italia, aveva censito 250 lattonieri nella sola città di Lione e questi costituirono delle vere e proprie colonie; addirittura separate fra quelli di Bognancodentro e Bognancofuori, tanto erano numerosi.
Oggi, a testimoniare questa migrazione bognanchese, son rimaste due cappelle votive; una si trova a Barro e l’altra sul sentiero Torno- Bei. Ecco proprio su questa seconda cappella, si leggono due nomi: Antonio Laurini e Gaudenzio Armetta, emigranti bognanchesi che diedero, nel 1868, i soldi per sistemare la cappelletta, con raffigurato la Madonna di Fourvière, a ringraziamento per aver effettuato indenni, i numerosi viaggi a piedi Bognanco – Lione.
Ora questa cappella è, per la terza volta rinnovata. Ci ha pensato Robert Laurini, residente a Lione e discendente di quell’Antonio Laurini che la restaurò circa 150 anni fa.
Dalla valle Bognanco più nessuno ora emigra più, anche perché di fatto non è rimasto quasi più nessuno. Solo vecchie baite e terreni incolti. Lione invece si è fatta una grande e bella città. E diciamolo; un po’ il merito è stato anche dei giovani stagnai bognanchesi.
Giancarlo Castellano, collaboratore di ECO RISVEGLIO