La storia del “ Tonellini”, è una storia vera che si tramanda di generazione in generazione.
Giuseppe (Pino) Galletti, classe 1920, la ricorda perché un certo Lorenzo Della Bianca di Picciola, già sulla settantina e suo papà, Giacomo, gliela raccontarono, quando lui ragazzino, correva dietro alle bestie in alta valle Bognanco. Ora Pino, dopo averla già raccontata più volte ai suoi figli, affinché possano ricordarsene e tramandarla ancora, l’ ha raccontata anche a noi…
In valle Bognanco viveva, molto tempo fa, un certo Tonellini. Probabilmente galeotto per fatti di contrabbando, ma dal come si teneva nascosto e sempre in disparte, i bognanchesi, che lo chiamavano anche “ul disertor” , erano certi che avesse qualcosa di ben più grosso sulla coscienza che il contrabbando. Passò così tutta la sua vita sulle montagne. Anzi, possiamo dire, dentro le montagne. Infatti, oltre l’abitato di Picciola, sulla strada che va alla Laugera, c’è un enorme macigno, sopra il sentiero, chiamato nei tempi: “ Ul Sasc ad Tunelin”. Era la sua dimora invernale. Aveva scavato sotto a questo grosso sasso, una grotta che lui utilizzava come propria abitazione durante i mesi freddi. La gente del posto lo aiutava, passandogli alimenti e vestiario, in cambio di suoi servizi a sistemare sentieri e ronge. Man mano che la neve si scioglieva, il Tonellini, per rimanere defilato, se ne andava sempre più in alto e alcune sue opere sono ancora ben evidenti oggi, come ad esempio la “rungia ad Tunelin”.
Quanti, passando a piedi sul versante nord- ovest del Montalto, non hanno notato un canale nella roccia? Ebbene, questa è opera del Tonellini. Scavò nella montagna un lungo canale per far arrivare l’acqua all’Alpe Preia e qui, creò una cosa che ha dell’incredibile!
Casa e stalle sotto terra!
Passando all’Alpe Preia (2044 m.s.l.m.) a piedi si notano solo delle gigantesche pietre che affiorano dal terreno, ma in alcune di queste il Tonellini ricavò, la sua dimora estiva oltre che delle vere e proprie stalle per le bestie. Nella più grande ci stavano addirittura 18 mucche; allineate e comode da mungere.
Come una marmotta, il Tonellini scavò sotto i sassi per farsi un riparo ed un posto dove vivere e poi i pastori, organizzati in squadre, probabilmente gli chiesero, dopo aver fatto arrivare l’acqua all’alpe, di scavare ancora e ricavare così anche le stalle per le bestie.
Oggi che di vacche da quelle parti non ce ne sono più, questi grossi buchi sotto terra, sono utilizzati dagli animali selvatici e per non cancellare una testimonianza del passato così straordinaria, il comune ha fatto sistemare ed attrezzare il locale più ampio, come bivacco al servizio dei numerosi escursionisti che attraversano questo tratto di alpi bognanchesi.
Meriterebbe una targa il Tonellini, scritta in più lingue, affinché tutti coloro che entrano in questo strano bivacco, sotto terra, possano conoscere la sua storia e magari dedicargli un pensiero.
Lui, lo gradirebbe sicuramente.
Giancarlo Castellano, collaboratore di ECO RISVEGLIO