E chi non ha fatto la naia? Pochi. L’han fatta quasi tutti; quelli nati prima del 1985 s’intende, perché poi, lo sappiamo, han chiuso su tutto.
Ma cosa era poi questa naia che tutti ne parlano? «Una cosa inutile». Dicono in molti. «No, ci vorrebbe ancora anche adesso – dicono altri - per far capire ai giovani cosa significa ubbidire ed il senso civico».
Il fatto è che dal 2004, il servizio militare non c’è più e quasi tutti quelli che lo hanno fatto, ne parlano con nostalgia, anche se qualche volta era prassi subire degli scherzi; anche pesanti…
« Uno degli scherzi più gettonati – racconta Gianfranco Garbolino alpino a Tolmezzo nel 1978-1979 - era il “Jukeboxe” dove la recluta appena arrivata in caserma veniva invitata a salire sopra ad un armadietto della camerata e gli “anziani di leva” inserivano nelle fessure dell’anta 100 lire obbligando il poveretto sopra, a cantare un paio di canzoni e finiva sempre che gli si chiedeva la terza canzone che era: “scende la pioggia…” ed allora ecco che cadeva una secchiata di acqua gelida sopra alla recluta…. Tutti ridevano, tranne uno…».
Già, il Jukeboxe… c’era anche la versione dove la recluta veniva chiusa dentro l’armadietto e questo doveva cantare le canzoni richieste… Se eri stonato, era davvero molto dura soddisfare i “nonni”…
Clemente Scrimaglia, alpino a Torino negli anni 1976/77, racconta uno dei più classici degli scherzi; l’aquila. «Consisteva nell’invitare (con le buone s’intende), una recluta a salire sopra all’armadietto e questo doveva fare il verso dell’aquila. Se lo faceva bene, la cosa finiva in pochi minuti, se non “era bravo” il poveretto, stava lì sopra a fare versi anche per ore…».
Ma c’erano anche scherzi un po’ più pesanti, tipo quello dove la recluta doveva spogliarsi e, restando in mutande (d’inverno), andare fuori in cortile della caserma e fare il cosiddetto “termometro”. I compagni anziani uscivano e per sentire la temperatura lo toccavano… il giochetto, durava diversi minuti… Oppure il classico lucido nero degli scarponcini che veniva spennellato sul sedere delle reclute o il dentifricio spalmato sul cuscino del malcapitato e questo, si ritrovava al mattino, con la faccia tutta impiastrata…
Valter Allegrini nei Genio Guastatori in diverse caserme fra Roma e Udine negli anni 1971/ 73 per 15 mesi e si ricorda perfettamente quando la recluta era costretta a fare il letto degli anziani, perfettamente con la forma del famoso cubo e fino a che non era “ben fatto” lo doveva disfare e rifare…. e poi ancora quando nella notte, si prendevano le scarpe delle reclute e si legava la stringa di uno con quella dell’altro e poi le si buttavano giù nel corpo scale… Al mattino c’era sempre un gran correre per cercare ognuno le proprie scarpe in tempo per l’adunata…
Dante Scrimaglia, in servizio al Centro Sportivo Esercito di Courmayeur nel 84-86: «…a parte le solite “pince” (flessioni sulle braccia ndr) che dovevano essere fatte in modo esemplare, altrimenti si doveva provvedere alla pulizia della camerata per tutta la settimana con relativa lucidatura scarpe ai “nonni”, a volte, si mettevano due elmetti ai gomiti e due alle ginocchia alle reclute che venivano poi lanciati da una parte all’altra della camerata…».
Salvatore Bariatti classe 1968, racconta di quando veniva consegnata la posta…«Era il caporale di turno a distribuire la posta ai soldati e questo, invitava il destinatario della tanto attesa lettera a posizionarsi sull’attenti con la faccia vicinissima alla parete. Il caporale alzava la lettera contro il muro e poi la lasciava cadere, la recluta, doveva fermarla solo con la fronte, picchiando la testa contro il muro… era una tortura e fortunatamente – conclude Salvatore- a me non scriveva mai nessuno».
Giancarlo Castellano, collaboratore di ECO RISVEGLIO