Arrivo alla Pianezza quando ormai è buio pesto. Poi, preso il sentiero per attraversare la frazione, un raggio di luce del lampione pubblico, mi illumina la neve davanti ai piedi. Sarei andato avanti anche a tastoni od in emergenza con la luce del telefonino, visto che conoscevo molto bene la strada, ma la neve caduta nei giorni scorsi, aveva trasformato il sentiero in una pista scivolosa e vederci bene a terra era essenziale per non andare a gambe all’aria.
Quei pochi lampioni, grazie anche alla neve, illuminavano in modo soddisfacente le stradine del piccolo borgo della bassa valle e così, raggiungo con passi veloci e sicuri, l’abitazione di Mariangela e Giuseppe.
Mariangela, la trovo presa nelle faccende di casa, mentre Giuseppe, con le sue inseparabili stampelle, è in piedi, sorride e mi invita ad entrare. La casa è piccola, ma molto accogliente, ordinata e straordinariamente calda grazie alla bella ed efficiente stufa a legna della cucina. Su invito di Giuseppe, mi accomodo su una delle sedie libere attorno al tavolo del salotto e quando la scosto, mi accorgo che ha almeno tre cuscini, non dico nulla e mi ci siedo sopra. Mi sento alto e molto comodo.
Dopo i convenevoli, siccome entrambi sono curiosi di sapere il motivo della mia visita, chiedo a Giuseppe, classe 1932, se ha dei ricordi del periodo natalizio di quando era bambino. Pausa. Sguardi e sorrisi.
Si sente solo il rumore magico della legna che brucia nella stufa. A rompere quel silenzio innaturale, è la moglie Mariangela che dice: «Per me il Natale più bello, è stato quel mezzo maiale nascosto sotto la neve…»
Mezzo maiale nascosto sotto la neve? Interessante. Mi racconti…
«Abitavamo a Pioi e non era ancora finita l’ultima guerra. Arrivarono davanti a casa, dove abitavamo io e mia madre, degli uomini; non mi ricordo se erano partigiani o fascisti, ricordo solo che erano molto scorbutici… Avevamo appena finito, con la zia, di sistemare in cantina un mezzo maiale che ogni anno dividevamo con i cugini Sarazzi, quando rumorosamente entrarono dentro casa questi brutti ceffi. Io dalla paura mi nascosi nella cassa panca e rimasi lì ferma a sbirciare dalle fessure del legno. “Sappiamo che qui è stato ucciso un maiale…” dissero alla mamma con modi sgarbati: “Cosa ve ne fate voi due di così tanta carne. Dovete darla a noi. “
La zia, che si era tenuta in disparte, comprese la brutta situazione venutasi a creare e si precipitò in cantina. Senza farsi notare, prese gran parte del maiale fatto a pezzi e lo nascose frettolosamente fuori, sotto la neve. Dopodiché, entrò in casa con qualche pezzo del maiale rimasto, affermando che quella era la sola carne che avevano.
Gli uomini imprecarono qualcosa che non capii bene e se ne andarono con il loro bottino, sbattendo la porta.
Il giorno di Natale, ricordo che la mamma fece cuocere, insieme alle patate, un bel pezzo di quel maiale imboscato sotto la neve ed in casa regnava l’allegria. La zia e la mamma ridevano ed anch’io ero felice nel mangiare la carne di quel mezzo maiale nascosto sotto la neve e quello fu davvero il mio regalo più bello».
Giancarlo Castellano, collaboratore di ECO RISVEGLIO