Se vi capiterà di gironzolare in mezzo agli alberghi chiusi di Bognanco Fonti in pieno inverno, vi sembrerà di essere soli, anzi di più; la sensazione è di sentirsi isolati. Poi succede l’imprevisto.

Una porta si apre ed appare il viso sorridente di Lea Taffi.

«Buongiorno, vuole un caffè?».

Buongiorno, ma sì, perché no? Grazie!

«Venga dentro».

Casa calda e ben ordinata con la cucina rivolta al Bogna che continua a regalare alla pianura acqua limpida delle montagne.

«Se vuole posso farlo anche decaffeinato».

Uh davvero? Allora sì meglio deca. Grazie.

«In inverno, vedo poca gente e pensi che qua fuori nella piazzetta, quando venni qui ad abitare, ci abitavano quattordici persone».

Quando venne qui ad abitare?

«Mi sono sposata proprio a gennaio del 1962 e venni qui in questa casa che era di Mario, mio marito, senza acqua potabile perché era gelata dentro i tubi. Poi, insieme, visto che lui era un bravo muratore, abbiamo ricostruito interamente questa abitazione».

E prima di sposarsi, dove abitava?

«Sono nata a Monteossolano nel 1934 che a quei tempi faceva parte del comune di Bognanco e finito le tre classi elementari, volli subito cominciare a lavorare, perché l’alternativa era andare all’alpe con le mucche e la cosa non mi piaceva.

Prima trovai modo di portare a casa dei soldi, portando, con la gerla, il grano che si coltivava nei campi attorno Monteossolano fino qui al mulino della Possa, passando dal Dagliano e Cà Monsignore. Capitava anche di portare con la caula, dalla strada fin su al paese, damigiane di vino, sacchi di cemento, di calce… tutto quello che serviva. Guadagnavo 4 lire al chilo ed era un bel prendere».

Certo, la pagavano bene, ma che lavoro pesante…

Ride Lea mentre si aggiusta i capelli bianchi appena liberati dai bigodini.

«Sì pesante… Era un lavoro da uomini, ma io ero forte come un mulo. Sa cosa pesa una damigiana? Sessantacinque chili! Mi ricordo bene e per guadagnare di più, quando trasportavo cemento e calce facevo il “travost”…».

Il che….?

«Ul Travost! Mai sentito? Caricavo sulla caula due sacchi di cemento». E facendo segno con le dita puntualizza: «-Due - che in totale facevano 100 chili! La portavo su un pezzo della mulattiera che dal Gabbio sale a Monteossolano e in una delle tante “pose” (punti di riposo ndr) che c’erano, lasciavo li il carico pesante e ritornavo giù a prendere la seconda caula, con il carico più leggero, quello con solo due sacchi, ma di calce che di peso facevano sessanta o settanta chili! E continuavo così ad andare avanti e indietro, ma sempre salendo verso il paese. In questo modo mi riposavo a scendere senza il peso sulle spalle ed anche salendo con il carico più leggero, mi sembrava meno faticoso.

Con quel viaggio di “travost” portavo a Monteossolano, oltre cento sessanta chili di roba alla volta e guadagnavo dei bei soldoni».

Ma qui negli alberghi di Bognanco, non ha mai lavorato?

«Sì, certo. Prima all’Edelweiss e poi, dopo sposata, quando ho avuto i figli accettai la proposta di lavorare qui vicino all’albergo Magenta. Ma prima di sposarmi andai a lavorare anche al ristorante Sciolla ed all’albergo Corona, giù a Domodossola. E poi anche a Crodo, nello stabilimento».

Caspita! Ha fatto un sacco di lavori…

«Eh sì. Mi son sempre guadagnata da vivere lavorando e la fatica, per me, non è mai stata un grosso problema».

Lei è del 1934, come ha vissuto gli anni della guerra?

«Abitavamo a Monteossolano, zona abbastanza tranquilla… ma a farmi più paura erano i partigiani; sempre scorbutici e violenti ed entravano nelle case a rubare roba da mangiare e tutto quel che a loro serviva. Eh…che tempi…».

Vedo che ha un bel televisore qui in casa, la radio, il cellulare…usa anche il computer?

«No, no, quello no, ma trovo molto comodo usare il telefonino, anche se tengo sempre ancora il telefono fisso…sa, non si sa mai.».

Guardo l’orologio appeso alla parete e mi accorgo che si è fatto tardi. Mi sbrigo a indossare la giacca e saluto, contraccambiando il sorriso che mi viene rivolto ed esco pensando: un buon caffè lo si beve sempre volentieri, specialmente quando lo si condivide con chi ha vissuto una storia dell’altro mondo.

 

Giancarlo Castellano, collaboratore di ECO RISVEGLIO

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