Si è fatto un gran (s)parlare in questa estate in merito agli alpeggi della valle Bognanco. Ognuno ha la sua storia da raccontare, le sue bestie da governare ed i suoi pascoli da sfruttare e c’è chi va cercando, come ad esempio il gruppo di minoranza in consiglio comunale, notizie, in merito al motivo degli impegni di spesa assunti dal comune per incarichi di assistenza legale circa la controversia con la società vincitrice del bando affitti alpeggi 2021, ovvero, sapere se il comune è attore o parte convenuta in questa bega di pastori e bestiame e, cosa di non poco conto, per quali motivazioni.

Abbiamo chiesto anche noi al sindaco chiarimenti in merito, ma la sua risposta è stata lapidaria: “Risponderemo alla interrogazione del gruppo di minoranza in consiglio comunale”.


Ed allora, visto che siamo in piena estate, in attesa del prossimo consiglio, siamo andati a scartabellare nei vecchi archivi comunali e scoperto come un tempo venivano affittati gli alpeggi.

Nel 1885 erano addirittura 66 gli alpeggi concessi in affitto ed il prezzo a base d’asta complessivo per tutti gli alpeggi era di lire 5572. Chi voleva partecipare all’asta doveva rialzare il prezzo base di almeno una lira e l’alpe Laghetto ad esempio, che veniva affittato sempre insieme all’alpe Vallaro di fuori, aveva un prezzo base di lire 220; il più alto di tutti gli alpeggi inclusi nel lungo elenco.

Il pascolo più a buon mercato, era la Piazza di Graniga con prezzo base di sole 3 lire, ma non il piazzale dove parcheggiano le auto oggi, all’epoca c’era una ampia zona pianeggiante in fondo alla frazione, sul sentiero che porta a Pizzanco, poi rovinosamente crollata a causa delle frane di inizio ‘900 che hanno portato via gran parte dei prati e campi a ovest di Graniga.

L’affittamento degli alpi, come veniva chiamato in quell’epoca, era annuale ed era regolato da precise norme comportamentali; eccone alcune:

il prezzo dell’affitto doveva essere pagato in due rate; un terzo entro il mese di maggio e due terzi entro il 15 ottobre, sotto pena dell’alloggio militare (probabilmente una specie di breve detenzione);
a quelli che non pagavano la prima rata, veniva interdetto l’inalpamento e l’alpe reincantato ad altri;
obbligo del mantenimento delle rogge e di concimare l’alpe, oltre che di conservare in buon stato tutto ciò che esisteva;
obbligo di lasciare nell’alpe Casagrande (situato nel Canton Vallese, ma utilizzato dai bognanchesi) almeno 10 q.li di legna nel casolare a favore dei passeggeri che venivano o andavano in Svizzera (questa clausola, riportata in molte delibere, è quasi certo che veniva adottata, senza palesarne il vero motivo, che era quello di dare supporto ai contrabbandieri, visto che l’alpe si trovava sulla via, Gondo -Passo Monscera, sicuramente la più utilizzata dai contrabbandieri);
coloro che non si curavano degli obblighi dovevano pagare il 10% sul prezzo di affitto e chi non solo non si curava di concimare il proprio alpe, ma sprecava il letame mandandolo con l’acqua in un burrone o in un rivo, privando l’alpe dell’ingrasso, era tenuto a corrispondere al comune il 20% del prezzo annuale.

In una delibera del 1950, nel capitolato delle affittanze, veniva precisato che era fatto assoluto di divieto falciare od asportare l’erba laddove il bestiame pascolava e ciò per favorire la concimazione naturale dei pascoli. L’autorizzazione per lo sfalcio intorno alle casere, poteva essere dato solo dalla Autorità Forestale a condizione che si provvedesse alla concimazione artificiale nelle zone falciate.

In una relazione fatta redigere dal comune, presumibilmente nei primi anni sessanta, per conoscere lo stato di conservazione degli alpeggi comunali, emerge che:

L’Alpe Vallaro di fuori e Laghetto: “In buono stato di conservazione tanto sia i caseggiati, che i pascoli del Vallaro, mentre i caseggiati del Laghetto, sono cadenti e necessiterebbero di smontare una parte del tetto prima che frani per poter salvare il legname.”

Alpe Vallaro di dentro: “ I caseggiati sono abbandonati ed incustoditi, privi di porte e ridotti ormai in cattivo stato di conservazione.”

Alpe Campo: “ i caseggiati sono in discreto stato, però con scarsa manutenzione da parte dell’affittuario il quale, approfittandosi, ha bruciato anche il legname di una casera demolita nello scorso anno.”

Alpe Paione sotto il Dosso, Paione corte vecchio e Paione corte nuovo: “I caseggiati sono tutti in buono stato, eccetto il frontale di una stalla a Paione sotto il Dosso“

Alpe Monscera: “Tutti i caseggiati sono cadenti e mal razionata la concimazione dei pascoli…”

Alpe Gattascosa: “Alpe da abbandonarsi, perché parte della stalla è franata e l’altra è cadente”

Alpe Dente: “I caseggiati sono in discreto stato mentre i pascoli lasciano a desiderare…”

A seguito di questa relazione, il comune decise di sistemare il caseggiato dell’alpe Laghetto, oggi utilizzato come rifugio del CAI di Arsago Seprio e dell’Alpe Monscera, oggi l’alpeggio più importante della valle.

E gli altri alpeggi comunali, come stanno oggi?

L’alpe Vallaro di dentro, è sistemato come bivacco dal CAI di Domodossola; l’Alpe Dente, seppur in posizione fantastica e dotato di ottima sorgente, è completamente abbandonato e diroccato; l’Alpe Gattascosa è stato dato dal comune in concessione temporanea per essere destinato a rifugio alpino, mentre i caseggiati dell’alpe Paione sotto il Dosso, sono stati tutti quanti dal comune ceduti a privati, molto probabilmente, senza alcuna condizione ed anche a proposito di questo ultimo alpeggio, non sarebbe stato male se, all’epoca dei fatti (anni ’60 ndr), qualcuno avesse chiesto al comune qualche ragguaglio circa la cessione.

 

Giancarlo Castellano, collaboratore di ECO RISVEGLIO

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