Ogni anno, quando arriva ottobre, le montagne diventano brulle e lassù, a oltre duemila metri, fra il Passo del Monscera ed il Pizzo Pioltone, c’è una croce che prende il colore delle montagne e che tutti chiamano: “ Croce del Luigi”.

Tutti sanno che c’è questa Croce, pochi sanno il motivo.

Noi proviamo a raccontarlo.

Era il primo ottobre del 1965 quando Luigi Mosoni, esperto cacciatore, girovagava da solo sulle creste fra la bocchetta di Camona ed il Pizzo Pioltone, in silenziosa perlustrazione.


Il binocolo sempre a portata di mano ed il fucile, un Franz Sodia austriaco, rigorosamente a tracolla.

Aveva chiesto all’amico Adolfo Valentini di fargli compagnia per quella battuta di caccia, ma Adolfo, quella volta, a malincuore, gli aveva proprio dovuto dire di no.

«Aveva calzato sicuramente i ramponi Luigi – dice Felice Darioli - durante la sua uscita, perché la neve, sul versante nord, era molto gelata».

I camosci sul quel bianco manto nevoso erano facilmente individuabili e non passò molto tempo da quando si mise in postazione a quando mirò il primo camoscio con il cannocchiale montato sul fucile.

Mano ferma, respiro sospeso e…bumm, sparò!

La preda avrà fatto un sobbalzo all’indietro scomparendo dalla visuale.

«Sicuramente e Luigi sarà scattato in avanti, come suo solito - prosegue Felice Darioli nel ricordare quei giorni - cercando di avvicinarsi quanto più possibile al punto dove aveva mirato la bestia» ed arrivando molto vicino, avrà notato le macchie di sangue sulla neve e gli sarà scappato di certo un sorriso di compiacimento.

«Era pomeriggio inoltrato – spiega Felice - e la sponda dove si trovava era maledettamente impervia, ma lui cercò sicuramente di seguire quelle tracce di sangue».

Alla sera, quando i familiari si resero conto che Luigi tardava oltre il suo solito, diedero l’allarme ed in poco tempo si ritrovarono in molti su al rifugio di Paioni, pronti per iniziare le ricerche e Felice, uno di questi.

Adolfo Valentini, in quei tempi capo del Soccorso alpino di Bognanco, unitamente a Mario Mosoni, fratello di Luigi, il 2 ottobre avevano battuto la zona del Monscera e poi alzandosi di quota fecero un primo giro attorno al Pizzo Pioltone, senza però scorgere alcun segnale del cacciatore.

«Io, insieme ad altri – dice Felice Darioli - salimmo alla Bocchetta di Camona, con l’idea di aggirare il Pioltone sul versante Svizzero in senso antiorario. Quello stesso giorno, Adolfo e Mario rifecero il giro nell’altro senso e decisero di dormire fuori all’aperto con il sacco a pelo, per sfruttare tutte le ore del giorno. Nel terzo giorno di ricerche, intervenne anche un elicottero svizzero a supporto dei soccorritori».

Al quarto giorno, le persone impegnate nella ricerca di Luigi, erano tantissime, almeno un centinaio, senza però alcun risultato positivo.

«Il quinto giorno di ricerche – conclude Felice Darioli- intervennero squadre di ricercatori anche dalla valle Divedro e qualcuno, notò in un punto sotto il Pizzo Pioltone, a circa 1900 metri di quota, uno stormo di corvi che continuava a svolazzare abbastanza vicino al suolo. La mattina del sesto giorno, la squadra di Adolfo Valentini, Mario Mosoni, Eugenio Zanola, Ottavio Claisen, oltre che due gendarmi svizzeri, individuarono il luogo dove c’erano i corvi e purtroppo anche il corpo straziato di Luigi Mosoni vicino alla carcassa del camoscio».

Essendo territorio svizzero, la salma ritrovata, venne condotta giù a Gondo e di seguito rimpatriata a Domodossola per il rito funebre.

Un paio di anni successivi, i familiari di Luigi, vollero posizionare a suo ricordo, una croce alle pendici del Pizzo Pioltone, in territorio italiano, dove tutti potessero raggiungere quella meta che Luigi Mosoni, il 01 ottobre 1965, non riuscì mai a raggiungere.

Ad ogni croce la sua storia.

 

Giancarlo Castellano, collaboratore di ECO RISVEGLIO 

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